“Per i primi quindici anni della mia vita m’è capitato di vivere in seno a una società fondata sull’abilità manuale e l’innocenza del cuore. Una società dove il rispetto del lavoro vigeva con la maestà e l’energia d’un sacramento inviolabile. Ne erano membri sarti e calzolai, artigiani e pastai, falegnami e barbieri, tutto un esercito di “mastri” che al chiuso o all’aperto, meno per bramosia di guadagno che per rovello di perfezione, manovravano dall’alba al tramonto con aghi, scalpelli, martelli, spatole, rasoi, cazzuole, o con qualunque altro arnese di legno o di ferro servisse ad assottigliare, farcire, ammorbidire, scolpire, in una parola a lavorare, una consenziente o recalcitrante materia, “figli del lavoro”, appunto, era il nome del sodalizio di artigiani dove fui a lungo di casa….”
Gesualdo Bufalino “La civiltà della bottega”
Una delle caratteristiche che più mi affascina nella continua riscoperta della Sicilia è, forse, la cura nel mantenere vive le tradizioni del passato, tradizioni che vantano anni, secoli, millenni di abilità affinate e tramandate di generazione in generazione. Ogni città della Sicilia che mi trovo a visitare o a raccontare nel mio lavoro, custodisce tesori di inestimabile valore, innumerevoli e così diversi, figli degli artisti che li hanno "generati". A Sciacca, una città in cui chiunque, sia esso un visitatore accorto o un turista mordi e fuggi, si trova a curiosare tra botteghe di ceramisti e corallai, neppure io ho potuto fare a meno di imbattermi nella straordinaria arte di Giuseppe Licata. Ad impatto, mi hanno colpito i motivi tradizionali della ceramica maiolicata siciliana con i suoi brillanti colori e tra i differenti decori soprattutto il fiore a rosone, che non avevo mai visto prima e che ho scoperto essere tipico di Sciacca.
Ad affondarmi poi, ci hanno pensato queste deliziose palme e i nodosi alberi di ulivo, che da piante centenarie quali sono, celano nei loro tronchi, i segreti di un passato lontano. E allora, dopo una prima “capatina” al negozio di Giuseppe, mi viene in mente l’idea di tornare a trovarlo il giorno successivo e di chiedergli come ha imparato quest’arte, da dove è nato tutto il suo sapere ed il suo saper fare e cosa ha influenzato la sua produzione rendendola unica.
La passione con cui mi racconta come è nato, quasi per caso, il suo amore per la creazione, mi colpisce fin da subito: mentre il fratello leggeva i fumetti di Topolino, lui, a tentativi, imparava a modellare la gomma da masticare al fine di realizzare piccoli animaletti e pupazzi con cui poter animare quelle letture. Sarebbe poi passato a lavorare il pongo ed il das per impratichirsi sempre più e sviluppare una manualità più consapevole. La semplicità con cui racconta del suo grande talento e come questo abbia “incontrato” la volontà della sua famiglia di instradarlo verso la sua passione, mi induce a pormi delle domande: oggi qual è l’approccio di un genitore che vede suo figlio orientato al lavoro manuale? È ben disposto a far sì che possa inseguire il suo sogno e a formarsi come artista?
Con lui, i suoi avevano avuto un ottimo intuito: con la loro approvazione cominciò a frequentare una bottega di produzione ceramica dopo la scuola. Fu un’enorme fortuna trovare un professore disponibile ad accoglierlo nel suo negozio per formarlo ed assumerlo dopo aver frequentato la Scuola d’Arte. Quanto sia stata importante la formazione sul campo per Giuseppe è chiaro fin dalle sue prime parole: "Non ci sono soldi che possano pagare l’equivalente grado di formazione che deriva dalla pratica, è insostituibile". E da allora il suo mondo è stato, ed è ancora, il laboratorio, tra manualità e colori, restauri e creazioni con innumerevoli materiali che dalla ceramica spaziano alla vetroresina, al gesso ed oltre.
Ma è guardando l’esposizione che copre la parete destra della sua bottega che si sofferma il mio sguardo e mi coglie lo stupore: mi vedo catapultata verso un mondo di ceramica medievale, con iconografie già viste, simili, in tanti musei, in piccoli frammenti però. Il plauso a mio avviso più grande va a Giuseppe per aver saputo ridar vita a decori che rischiavano di perdersi nel tempo, donando loro una luce diversa, con delle tonalità che appartengono solo a lui. Come un filologo della ceramica del passato, la sua ricerca si svolge esplorando antichi casali ed osservando le antiche mattonelle recuperate dai contesti più disparati ed il cui impasto di sabbia di mare, argilla e paglia si presenta assolutamente unico. Il suo studio è già così “altrove” e procede di pari passo con la lettura di libri di ceramica medievale, ricchi di immagini da cui trae ispirazione e che mi mostra sfogliandone le pagine con orgoglio e reverenza.
Così, guardandomi intorno nella sua bottega, vedo il piccolo uccello danzante prendere vita accanto a cavalieri maestosi, a corsari affascinanti e a gentiluomini con strani copricapi. Il mio viaggio con lo sguardo continua con il decoro a foglia accartocciata, con quello a serpentina e a penna di pavone, tra i miei preferiti, ne sono rimasta estasiata! E allora, ripensando al ritratto che Gesualdo Bufalino ne “La civiltà della bottega” ci fornisce dell'ambiente delle botteghe, sempre gremite di giovani disposti ad imparare il mestiere, ad apprendere l'arte:
"Rammento i soci uno per uno, a somiglianza di un conclave di bonarie divinità. Rammento gli uomini fatti, i baldanzosi apprendisti, i vecchi di leggendaria bravura, dai quali, come dalle labbra d’una sibilla, i più giovani attendevano risposta ai loro più capziosi dubbi d’esecuzione."
Mi sorge spontanea la curiosità di chiedere se, dopo di lui, qualcuno sarà l’erede di questo immenso patrimonio materiale e immateriale. “Sì”, mi risponde prontamente Giuseppe: “Mia figlia! Spero che con il tempo possa imparare l’arte della produzione e della decorazione ceramica per continuare la tradizione di famiglia”
Si potrebbe forse apporre qualche modifica al commento di Bufalino, magari inserendo qualche giovane ragazza desiderosa di imparare l’arte della ceramica, una baldanzosa apprendista. Non posso che auguraglielo con tutto il cuore! Mi soffermo ancora un po’ in questo luogo speciale, in cui la gente continua ad entrare incuriosita ed ad uscire con almeno due sacchetti di regali da portare con sé, è chiaro che non si può resistere. Ma, soprattutto, vedo ciascun visitatore guardarsi estasiato intorno ed anch’io, tra loro. Non ho intenzione di pubblicare tutte le foto però, tocca a voi andare a curiosare presso la bottega di Giuseppe Licata in C.so Vittorio Emanuele 91 a Sciacca, sarà lui a mostrarvi le sue meraviglie!
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